Benvenuti nel mondo del naming, una filone del marketing che si occupa di creare i nomi più adatti per le aziende ma anche per la commercializzazione di prodotti e servizi.
La traduzione del brand, infatti, è uno degli elementi chiave che permette alle aziende di espandersi sul mercato globale, facendo sì che il prodotto raggiunga il cuore dei nuovi consumatori.
Del resto, nell’attuale mondo globalizzato, il mercato internazionale crea nuova linfa per le aziende in espansione, e il global branding è risultato essere uno degli sviluppi più importanti dell’industria del marketing negli ultimi 50 anni.
Ritornando al brand name, questo risulta di importanza cruciale in quanto in grado di influenzare positivamente o meno la percezione dei consumatori. Ma non solo.
A lungo andare il nome ha effetto sul posizionamento, che è il fine ultimo del marketing.
Se il nome appare dunque cruciale nel proprio mercato di riferimento, dalla sua traduzione dipende il successo o insuccesso nei mercati esteri. In Cina e in altri mercati molto lontani, a causa delle evidenti differenze linguistiche, tradurre il proprio nome è ancora più complicato.
Per questo la traduzione del nome del brand non può essere casuale né affidata ai canali di traduzione automatica. Al contrario, necessita dell’opera di un traduttore esperto che valuti attentamente le varie possibilità di traduzione collaborando anche con il reparto marketing: il brand, infatti, deve essere localizzato per il mercato che si vuole conquistare.
Oggi più che mai è necessaria la conoscenza non solo della lingua, ma anche della cultura che permea ogni singolo mercato: una specifica sequenza di suoni che, ad esempio, un americano attribuisce semplicemente al nome di una data azienda, potrebbe veicolare significati del tutto differenti a uno spagnolo.
Nella scelta del nome da utilizzare sul mercato straniero, si possono percorrere tre strade: la traslitterazione, la trascrizione fonetica e la transcreazione.
Tutte presuppongono la conoscenza della lingua e della cultura di arrivo e richiedono di conseguenza il lavoro di un esperto.
La traslitterazione consiste nella trasposizione dei grafemi da un sistema di scrittura a un altro utilizzando l’alfabeto della lingua di arrivo. In pratica, la traslitterazione cerca di riprodurre lo spelling originale della parola anziché il suono o il significato.
Nella trascrizione fonetica, ovvero la trasposizione scritta dei suoni di una lingua, il nome del brand viene pronunciato in modo molto simile all’originale, ma nel mercato estero potrebbe smarrirne il significato, rischiando di provocare dei veri e propri incidenti di comunicazione. Ad esempio, pare che nell’approcciare per la prima volta il mercato cinese, la Mercedes-Benz avesse trasformato il suo nome in Bensi, che però in cinese significa “corri a morire”. Un nome decisamente poco invitante per un’automobile!
Nel caso delle lingue che utilizzano sistemi di scrittura non basati sull’alfabeto latino, come il cinese appunto, un ulteriore livello di difficoltà si insidia nella scelta dei caratteri, e i casi non sono pochi. Quando la Pepsi fece il suo debutto in Cina, lo slogan “Torna alla vita con la Pepsi Generation” fu reso con “Pepsi riporta in vita i tuoi antenati dalla tomba”… Credo non ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni.
Dunque, se il naming, cioè la scelta del nome, è fondamentale affinché l’azienda abbia visibilità fin dalla nascita, il renaming, cioè il processo attraverso cui si decide il nome e il modo di presentarsi a un mercato estero, è frutto di altrettanto lavoro, studio e creatività. Abbiamo imparato infatti che è importante valutare di volta in volta il mercato che si vuole raggiungere.
Spesso la semplice traduzione non è sufficiente, serve un processo di vera e propria transcreazione che veicoli allo stesso tempo il nome del brand, il suo significato, i suoi valori e la sua unicità. Alcuni brand, ad esempio, hanno deciso di cambiare totalmente nome: un esempio di interessante di branding è quello della marca soprannominata “Heartbrand”, il “brand del cuore”.
L’azienda, infatti, cambia nome da Paese a Paese. In Italia è riconducibile al nome Algida, ma nel resto del pianeta varia notevolmente: in Spagna ad esempio si chiama Frigo, mentre in Brasile Kibon e in Germania Langnese, e così via per tutti i Paesi del mondo dove vengono commercializzati i suoi prodotti.
Stesso logo, stesso codice visuale che però viene letto verbalmente in modo differente rispetto al Paese in cui ci si trova: a livello globale infatti rimane inalterato il simbolo del cuore, disegnato formalmente come una spirale, prima rosso con sfondo sfumato giallo (i colori del sole, del caldo e dell’estate) e poi cromaticamente modificato – nel 2003 – utilizzando il bianco su fondo rosso (o rosso su fondo bianco) e un carattere tipografico con cui comporre i nomi del brand in tutto il mondo.
Quale sia la strada che si decide di percorrere, a monte deve comunque esserci uno studio di marketing, una previsione di come e di quanto il brand potrà vendere. Non solo, è basilare anche capire quanto il nome del brand è adatto a fare breccia tra i consumatori stranieri, accertandosi che il suo suono nella lingua di arrivo non abbia significati controproducenti.
In Germania, la Clairol, azienda statunitense di tinte per parrucchieri, si rese conto troppo tardi che il nome della nuova piastra, MistStick, non considerava il fatto che in tedesco Mist significa letame. Al contrario, Saugella, azienda italiana di prodotti per l’igiene intima, ha scelto di entrare sul mercato tedesco come Sagella, consapevole del fatto che in tedesco Sau significa scrofa.
Un nome sbagliato, in sostanza, può avere un impatto enorme sulla percezione del brand e soprattutto del prodotto che inevitabilmente si riversa sul volume d’affari di un’azienda fino a costarle milioni di euro o comprometterne addirittura l’esportabilità nel Paese che intende raggiungere.
Ecco perché la scelta del nome del brand e la sua traduzione, o il suo adattamento, devono essere studiati attentamente.
A questo scopo, esistono traduttori specializzati nel settore marketing e nella transcreazione, che seguono le aziende nel processo di internazionalizzazione, valutando di volta in volta la strategia migliore per approcciarsi al mercato estero e avere una strategia di esportazione vincente a partire dal lancio di un brand risonante e fortemente comunicativo.
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