26.04.2017

Studiare all'estero, quella vacanza che cambia la vita

Imparare una lingua
Posted by Athena Parthenos
Tempo di lettura stimato: 5 min Le vacanze di studio all'estero pare vadano molto di moda ora, e sempre più studenti decidono di intraprendere un periodo di studi in un Paese straniero. Ma non è solo questione di moda: è ovvio che 2 o 3 settimane non bastano per imparare perfettamente una lingua, in alcuni casi non bastano nemmeno mesi, ma riescono comunque a cambiare la vita di chi decide di dedicarsi a questo tipo di studi. Quando andai per la prima volta in Inghilterra ero in prima ginnasio, quindici anni di italiano e non una parola di inglese. O molto poche. Come meta scelsi una cittadina sulla costa sud dell'Inghilterra, un paese piccolo, con pochi stranieri, ad eccezione dei ragazzi che venivano a studiare la lingua come me. All'epoca non c'erano ancora molte persone che andavano a studiare all'estero e chi ci andava era guardato con un misto di invidia e ammirazione. Non furono però la gloria né il desiderio insostenibile di imparare l'inglese a indirizzarmi verso una vacanza studio all'estero, quanto un senso di disperazione che mi aveva catturata durante le lezioni di inglese. Ricordo la professoressa che parlava solo in lingua con un forte accento di Pescara: ma a me, che non l'avevo mai studiato l'inglese prima di allora, la sua cadenza italiana non era di alcun aiuto. Finché un giorno, in occasione di uno spettacolo teatrale ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie, decise di farci tradurre il copione. Ricordo ore e ore spese chinata sul dizionario, imprecando ogni due parole perché non ne potevo più. Fu allora che decisi che sarei andata in Inghilterra per una vacanza studio, la situazione era urgente e rimandare era diventato impossibile. Cominciai a informarmi e prenotai un corso di tre settimane. Per l'alloggio scelsi di stare a casa di una famiglia locale, così da calarmi completamente nel contesto inglese. [caption id="attachment_538" align="aligncenter" width="1360"]Studiare all'estero, quella vacanza che ti cambia la vita Londra, Notting Hill -immagine tratta dal sito lovespace.co.uk[/caption] Il tempo passò in fretta, arrivò il giorno della partenza e con essa arrivarono anche la preoccupazione di non sapere cosa esattamente mi aspettasse e se mi sarei trovata bene con la famiglia, l'ansia di perdere l'aereo perché bloccati in tangenziale a Milano, la necessità di trovare un modo per chiamare a casa di tanto in tanto (sì, si andava ancora di cabine telefoniche) e, soprattutto, la consapevolezza di non capire una parola di inglese. In meno di due ore fui catapultata in un altro mondo: tutto sembrava avvolto da una nebbia che non mi permetteva di afferrare al volo la cultura del posto, l'inglese mi si presentava come un insieme di suoni e di pronunce ingarbugliate che non avevo idea di come articolare. Tuttavia, ebbi la fortuna di essere ammessa nel livello più alto fra i tre in cui era divisa la scuola, unica italiana in uno stuolo di svedesi: parlare per sopravvivere o affondare, davanti a me si paravano solo queste due opzioni. Scelsi la prima, e in qualche modo me la cavai: l'Inghilterra cominciava a darmi il benvenuto, la lingua inglese dischiudeva piano piano i suoi petali mentre scoprivo che non è vero che gli inglesi mangiano bacon e uova tutti i giorni a colazione. Infine, la gita a Londra mi sferzò il colpo di grazia: telefonai a casa dicendo che non volevo tornare in Italia perché avevo trovato la mia città. Portai pazienza: ovviamente feci ritorno all'umida terra della Pianura Padana, e solo molti anni dopo sarei andata a vivere nella capitale britannica, togliendomi finalmente quel fastidioso sassolino dalla scarpa. E con la lingua inglese? Con quella andò benissimo, finalmente voti alti anche nell'interrogazione orale! È che quando sei all'estero capisci le infinite sfumature della lingua locale, è come sperimentare un clic nel cervello che ti catapulta all'interno di un altro mondo, perché una lingua deve essere vissuta: non è quella che ti insegnano a scuola. Ricordo una lezione tra i banchi dell'università, durante un esercizio di ascolto la docente ci confidò: "La prima volta che andai in Giappone, mi dissero che parlavo come un libro stampato. Ne fui sgomenta!". Noi eravamo più sgomenti di lei, a metà tra il riso e gli occhi a palla. Fu così che venne per me il tempo di vivere anche questa avventura: un viaggio studio di qualche mese in Giappone, il sogno di una vita. Nonostante l'amore incondizionato per Tōkyō, per qualche strano motivo decisi di recarmi nell'antica capitale dell'impero, Kyōto, nel Kansai, dove la cultura del Sol Levante è fiorita insieme ai ciliegi. Nonostante le difficoltà iniziali dovute alla lingua e all'enorme differenza culturale che rendeva difficile ambientarsi e integrarsi, nonostante le figuracce e l'autobus troppo puntuale la mattina che faceva sì che lo perdessi almeno un paio di giorni a settimana, è stata una delle esperienze più significative della mia (fin qui breve) vita. [caption id="attachment_534" align="aligncenter" width="1000"]Studiare all'estero, quella vacanza che cambia la vita Kyōto, Arashiyama - immagine tratta da vacanzenellanatura.com[/caption] Una famiglia giovane e rockettara mi accolse in casa propria come fossi la sorella minore, coccolandomi con leccornie da festa, come il sushi pregiato che inizialmente non riuscivo a inghiottire. Perfino i sapori della cucina mi risultavano così diversi al palato! Ma, dicono i giapponesi, "習うより慣れよ", /narau yori nare yo/, piuttosto che imparare, abituati. E fu così che mi abituai anche a questo: all'autobus che puntuale ogni mattina mi portava da Arashiyama alla scuola nella quale studiavo, ai sapori e all'estetica della cucina, ai silenzi carichi di parole, a rispondere con educazione alle domande dei giapponesi che mi scambiavano per filippina un giorno e cinese l'altro, a togliermi le scarpe prima di entrare in casa e riporle ordinatamente davanti alla porta d'ingresso (abitudine, questa, che mi è rimasta). Finché, per qualche giorno, lasciai il porto sicuro in direzione Tōkyō: la moda di Harajuku, la tecnologia di Akihabara, il desiderio di vedere Odaiba, il Tamagawa che fa da sfondo a tante scene nei manga, il grande incrocio a Shinjuku che sembra di stare in un film. Fu lì che sperimentai sulla pelle e nella mente il concetto di shock culturale. Scesi dallo Shinkansen, il treno ad alta velocità, convinta di conoscere la direzione da prendere, l'hotel era a Shinjuku: basta leggere le indicazioni sui cartelli, giusto? Sbagliato. Ho il ricordo di me e delle mie due compagne di viaggio imbambolate al centro della stazione di Tōkyō a guardare la miriade di cartelli volti in ogni direzione, mentre tutto intorno girava come una sfera e noi, immobili, al centro. Dove andiamo da qui? Ci riportò sulla Terra una signora che passava di lì, ci comprò il biglietto della metropolitana e ci indicò la fermata alla quale scendere. "Irasshaimase", Benvenute, ci disse. E così la grande capitale ci accolse, si aprì ai nostri occhi e alle nostre orecchie, tra viali alberati, sopraelevate, enormi incroci pedonali, stradine secondarie con negozi tradizionali, tutto accompagnato da un cielo sempre un po' coperto da nuvole e smog. Fu proprio così, quattro mesi in bilico fra tradizione millenaria e tecnologia del futuro, avvolta dalla lingua giapponese come da un morbido guanto di velluto. [caption id="attachment_536" align="aligncenter" width="1024"]Studiare all'estero, quella vacanza che cambia la vita Tōkyō, Ginza - immagine tratta dal sito traveldreamescapes.com[/caption] Ripenso a quel periodo con nostalgia, e realizzo, a distanza di anni, quanto ho appreso da quella cultura così ricca di quel Paese lontano e quanto grande è stato il dono di poter comprendere a pieno il fascino della lingua giapponese. Perché studiare una lingua non è solo studiare un insieme di suoni e parole, è mettere le mani dietro la schiena e, indifesi, lasciarsi travolgere da tutta quell'energia positiva che una lingua e una cultura portano con sé. Perché non puoi conoscere all'inizio quanto, in realtà, un'esperienza all'estero ti potrà servire in ambito lavorativo o anche solo per la tua formazione personale o il tuo bagaglio culturale. Quando vorresti piangere perché non capisci la gente del posto, quando ti senti solo e vorresti mollare tutto, non sai ancora quanto in realtà stai guadagnando. Per questo, ogni volta che qualche conoscente mi chiede se vale davvero la pena fare una vacanza studio all'estero, rispondo senza esitazione "Sì!". E penso che vorrei di nuovo farne una anche io.   Athena Parthenos è anche una scuola di lingue: se sei interessato a una vacanza di studio all'estero, in Europa, in America o in Asia, puoi contattarci senza impegno al numero 0434 923241 o scriverci un'email a info@athena-parthenos.com.   Se ti è piaciuto questo articolo, puoi leggere anche: 10 motivi per studiare una lingua straniera Primavera: tempo di rimettersi in gioco con un corso di lingua Lingua cultura e identità: patrimoni da proteggere   Scritto da Marcella Sartore, Marketing & Communication Assistant @ Athena Parthenos

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